sabato 21 settembre 2013

Il fenomeno del Greenwashing:

L’ultima volta abbiamo menzionato l’effetto greenwashing che sta contraddistinguendo la realtà odierna e l’incontro sempre più diffidente tra collettività ed impresa, tra consumatore ed azienda.

Il fenomeno del greenwashing nasce da un’esigenza avvertita dal mondo imprenditoriale, di “sfondare quel muro di dififdenza del consumatore, dando un’immagine positiva della propria iniziativa economica, appropriandosi di caratteristiche tipicamente ambientaliste, volte alla creazione di un’immagine positiva nei confronti della collettività.

In realtà tutto nasce da un’esigenza avvertita dalla popolazione globale, quella di tornare a dare valore alla qualità della vita, propendendo verso uno stile di vita più consono, meno propenso al consumismo, allo sfruttamento delle risorse e all’inquinamento.

Lo dimostra un recente sondaggio commissionato dalla Commissione europea nei confronti dei suoi 28 Stati Membro, (dove ha coinvolto 25.568 cittadini di diverse fasce sociali e demografiche), in base al quale il 77% degli intervistati sarebbe disposto “A pagare di più per prodotti rispettosi dell’ambiente, se avessero la certezza che lo sono davvero”.
Questo è soltanto uno degli elementi che emerge dalla ricerca ma che pone in evidenza un atteggiamento crescente da parte della collettività: la ricerca di garanzie e qualità nei consumi quotidiani. Difatti solo il  55% ritiene di essere informato sull’impatto ambientale dei prodotti che acquistano e usano. 

Esiste pertanto, un’enorme diffidenza generale. Le aziende alla perenne ricerca di strategie in grado di consolidare il rapporto di fidelizzazione con l’utenza elabora di conseguenza comunicazioni e promozioni in grado di rassicurare l’atteggiamento diffidente della propria clientela, ma c’è da chiedersi quanto di quello che vediamo corrisponda in realtà al vero e non sia soltanto una abilissima messinscena.

La stragrande maggioranza delle aziende, caratterizza la propria attività per obiettivi dove viene data prioritaria importanza al raggiungimento di quote di mercato o se preferite di profitto, lasciando a margine aspetti secondari quali talvolta la qualità e le conseguenze dell’impatto produttivo.

Il termine è una sincrasi delle parole green e washing e lasciamo a voi lettori ogni riflessione sulle sensazioni prodotte dal termine. Il rischio è che in alcuni casi il fenomeno si traduca in una ecosostenibilità soltanto di facciata.

Il rischio è che il consumatore rimanga attratto dalla comunicazione di un’azienda che produce cosmetici, attenta all’utilizzo di componenti naturali nei propri prodotti, senza sapere che comunque continua a testarli sugli animali, oppure far pendere la propria scelta su di un’impresa dedita all’erogazione di servizi energetici, affascinati dalla campagna pubblicitaria che pone in evidenza l’utilizzo di innovative tecnologie non inquinanti o di energia rinnovabile, quando queste costituiscono solo una minima parte delle attività svolte dall'azienda, mentre le altre contribuiscono in maniera significativa all'inquinamento e alla produzione di CO2.

Di esempi specifici se ne potrebbero fare tanti, ma evitiamo per non citare apertamente le multinazionali che contraddistinguono la nostra spesa quotidiana. Ci limitiamo a riflettere su aspetti legati alla nocività dell’utilizzo di aspartame sulle bevande gassate senza zucchero e sul fatto che oggi molte imprese ci fanno sapere che sono tornate ad utilizzare zuccheri naturali, riportandolo sull’etichetta, sul fatto che dedicano parte dei propri proventi a favore di zone depresse del terzo mondo, o la realizzazione di condotti d’acqua in Nazioni dove la popolazione muore di sete, e via dicendo.

A tal fine molti Paesi hanno previsto l’emanazione di una serie di norme per contenere il fenomeno ed evitare che esso rappresenti l’ennesima strategia per ingannare il consumatore e mantenere saldo quel vincolo di fidelizzazione, lungamente cercato e finalmente attivato con la collettività. In realtà è un compito che dovrebbe essere assolto con maggiore propensione da parte di associazioni di categoria. In tal senso l’Europa si sta muovendo, prevedendo una serie di norme che tutelino l’utenza. Alcuni di queste Nazioni però stanno prevedendo norme specifiche di tutela, come ad esempio in Francia, dove l'agenzia di protezione dei consumatori ha stabilito che le automobili nelle pubblicità devono apparire in normali strade aperte al traffico dove sono usate abitualmente e non in luoghi “green”. In Norvegia il governo ha vietato all’industria automobilistica forme di pubblicità comparativa sui temi ambientali. Il Regno Unito ha chiesto al Consorzio dell'Olio di Palma Malese di ritirare l’annuncio apparso sulla BBC e giudicato ingannevole che definiva il prodotto "un regalo dalla natura, un regalo per la vita, che aiuta il pianeta a respirare e genera sostenibilità".

In America, ad esempio, la Commissione Federale del Commercio (FTC) ha fornito diverse linee guida contro i posizionamenti ambientali falsi e ingannevoli nella pubblicità. L’Australia ha varato una serie di norme che prevedono sanzioni fino a 1,1 milioni di dollari per punire le aziende che comunicano comportamenti ambientali non corrispondenti a verità.  

Il nostro Paese, ancora oggi, è meta di facile conquista e ancora non è stata varata alcuna norma specifica che riesca a tutelare la popolazione, se non casi talmente evidenti di pubblicità ingannevole dal rientrare nella comune definizione di “truffa”.

Attenzione però ad un elemento di non poco conto. Utilizzare strategie green, per accattivarsi l’empatia e la fiducia dei consumatori è un’arma a doppio taglio, o se si preferisce, un boomerang dagli effetti devastanti. Oggi il consumatore è più esigente, pretenzioso, scrupoloso e prima di fare un acquisto, di qualsiasi cosa si tratti, prima si informa. Il mezzo più utilizzato è rappresentato da internet ed i numerosi siti che contraddistinguono l’attendibilità di certe informazioni, come ad esempio Greenpeace, il che significa che qualsiasi azienda può essere facilmente smascherata e questo fattore può nuocere gravemente alla propria credibilità e a quella dei suoi prodotti. 

E’ vero che i consumatori sono sempre più sensibili alle promesse che toccano l'ambiente, ma lo è anche il fatto che sono più severi e questo può danneggiare irrimediabilmente la propria immagine e, di conseguenza, gli obiettivi di profitto che gli sono molto a cuore.


A la prochaine



sabato 7 settembre 2013

Le ricette di Nonna Rosina: Le uova in Fricassèa


Rieccoci con l’appuntamento culinario di Nonna Rosina e per rispetto della tradizione, riportiamo un’altra ricetta tipicamente marchigiana: “le uova in fricassèa”.  
Piatto un tempo considerato “povero” ma sfizioso, che si può utilizzare come antipasto o portata principale, a seconda delle quantità.
Ingredienti per quattro persone:

  • 1 Kg di corata mista di agnello
  • 1 limone
  • 7 uova
  • 150 gr di parmigiano reggiano
  • Sedano
  • Carota
  • Cipolla
  • Sale q.b.
  • Pepe q.b.
  • Olio evo
  • Burro


Procedimento:

Prima di tutto occorre tagliare la corata a pezzi e lessarla ina acqua salata per circa 45 minuti. Dopodiché scolarla, farla raffreddare e tagliarla ulteriormente a pezzettini piccoli.

Mettere in una padella ampia 30 gr. di burro, ½ bicchiere di olio d’oliva, carota, cipolla e sedano, tagliati a pezzi grossi (perché poi andranno tolti), la corata, sale e pepe q.b., ricoprire il tutto con acqua e vino bianco, aggiungere un pezzo di buccia di limone e lasciar cuocere a fuoco lento con il coperchio finché non sia evaporato tutto il liquido.

Sbattere le uova in una ciotola, aggiungere il parmigiano e la buccia del limone grattugiata. Togliere dalla padella i pezzi di carota, sedano e cipolla e la buccia di limone.

Versare nella padella le uova sbattute e far cuocere il tutto, mescolando spesso, finché le uova non si saranno ben rapprese.

Se il piatto risultasse troppo asciutto, aggiungere un po’ di brodo caldo.
In alternativa alla corata di agnello, possono essere utilizzati gli  stomaci di pollo.











Buon appetito e alla prossima
Nonna Rosina

venerdì 6 settembre 2013

Think Green !

 
In periodi di crisi, di fronte ad ostacoli e problemi quotidiani, la necessità ci suggerisce di attingere dalle nostre personali esperienze e dai consigli di persone affidabili, come parenti, amici e chiunque abbiamo avuto la fortuna di conoscere nella nostra vita.
Le evoluzioni sociali sono spesso dettate da grandi stravolgimenti a cui l’uomo, per spirito di sopravvivenza, ha sempre saputo trovare una soluzione. Per l’attuale crisi economica varrà la stessa regola, senza dimenticarci delle “vecchie” regole che ci hanno consentito di arrivare fino all’attuale secolo. Ogni evoluzione ha attinto dal proprio bagaglio di esperienza.
E’ probabile che l’attuale crisi economica ci ha dato un valido suggerimento. Una società protesa verso il consumo è logorante, inquina, risulta essere non sana. L’esasperazione dei tempi dedicati al lavoro, lo stile di vita, i ritmi hanno messo in evidenza perdita di valori e del prezioso tempo a nostra disposizione, tanto da goderci la nostra vita. Ecco che, in un momento tanto delicato quanto critico come quello attuale, c’è un ritorno ad uno stile di vita più consono alle nostre esigenze. Pensa sano, pensa “verde”.

Un ritorno alla qualità della vita, ai propri tempi, uno stile meno consumistico riportando le proprie abitudini, passo dopo passo, alle vecchie tradizioni: alimentazione, casa, moda, per uno stile di vita a impatto zero.

Lo stile “green” che contraddistinguerà prossimamente i nostri tempi, sarà contagioso ma, sotto molti punti di vista, sano ed economico.

Differente è il concetto di “greenwashing” consistente nella strategia delle grandi aziende, di “lavare” a colpi di promozione, l’immagine della propria azienda. Le multinazionali hanno compreso l’attenzione riservata dai consumatori verso il proprio stile di vita ed oggi tentano di recuperar terreno, curando nel dettaglio l’immagine, mascherando pecche legate alla propria produzione e tentando di avvicinarsi a un movimento contagioso ed in netta crescita. 
Think Green, a favore della pulizia delle nostre città, della nostra alimentazione quotidiana, dell’aria che respiriamo, del recupero dei rifiuti, con il fine di lasciare un mondo migliore per i nostri figli.


Il concetto fondamentale di questo movimento però è rappresentato dalla consapevole necessità di riappropriarsi della qualità della nostra vita.



Think Green

La Redazione

giovedì 5 settembre 2013

I risultati del nostro piccolo sondaggio: L'Orto in Balcone


Avevamo idea di realizzare un corso sulla "orticoltura domestica" ed i risultati del sondaggio tra i nostri iniziali lettori ci hanno dato ragione. Stiamo difatti programmando un corso sulla coltivazione dell'orto entro le mura domestiche; che sia l'angolo del vostro balcone, o il piccolo giardino, l'importante è che ci siano gli ingredienti principali: acqua, terra, semi e tanta passione. 

A quest'ultimo fattore possiamo lavorare noi; nel frattempo siamo felici del risultato e non possiamo che suggerirvi di rimanere in contatto. La prossima settimana pubblicheremo la prima locandina sul corso di "Orticoltura Domestica" con tutte le informazioni relative al suo svolgimento.  Sono ben accetti suggerimenti e proposte, ma soprattutto la vostra adesione. 









A la prochaine
La Redazione